Il sole splende alto e caldissimo, sono immersa in raffiche di un potentissimo maestrale che raffredda ogni cosa al tatto. E' una mattina di fine agosto a Borutta, e sono davanti all'unico monastero Benedettino in #Sardegna a San Pietro di Sorres. Mi osserva, imponente, mentre si sta svolgendo la manifestazione annuale della "BASTIDA DE SORRES".
La Bastida de Sorres è una rievocazione storica che racconta la storica battaglia del 1334 durante la quale i #Doria tentarono di conquistare l’antica fortezza di Sorres caduta in mano degli Aragonesi. La battaglia, nel corso della manifestazione, viene fedelmente riprodotta da figuranti vestiti con armature, inscenando la vita di quel tempo, e lo scontro guidato da #Brancaleone Doria.
In questi tre giorni di festa, dove il profumo del torrone appena fatto ti solletica sinuosamente dalla bancarella, c'è l'occasione di fare alcune esperienze che tutto l'anno sono precluse. È prevista la visita alla grotta Ulàri (la più grande colonia di #pipistrelli della Sardegna) e alla biblioteca del #monastero che contiene più di 60.000 volumi.
La grotta essendo sede unica e rara di riproduzione di pipistrelli, non viene mai fatta visitare per preservare le colonie, tranne che in questi tre giorni.
La visita alla #biblioteca del monastero, è una piacevolissima sorpresa (e regalo) che l'Abate del monastero ha voluto offrire per la prima volta in questa occasione di festa.
Si entra a piccoli gruppi, ma la visita (gratuita) è su prenotazione. Tutto è già pieno, e non era indicato da nessuna parte nell'evento Facebook dove occorreva scrivere per la prenotazione. Incrocio le dita e mi metto in "lista di attesa" per il secondo giro che sarebbe partito dopo 2 ore. Intanto il vento mi mette alla prova, non cessa imperioso e di soffiare potentemente sul colle e sui presenti, che cercano riparo dentro a cappucci e felpe, che io non ho.
Con un po' di fortuna, dopo essere stata strapazzata dal vento a più non posso, riesco a prendere il posto di qualche assente e mi incammino. Seguendo l'Abate. Lui è minuto, silenzioso ed ispira una rispettosa stima. Percorriamo il suggestivo porticato del chiostro, verso la misteriosa biblioteca.
In quel tragitto torno per un'attimo bambina, la fantasia e l'immaginazione si fondono in immagini di sterminate distese di libri antichi e segreti, che starò per gustare. Sale una sorta di vera e propria "acquolina culturale".
Arriviamo a destinazione e l'Abate apre una porcina all' interno del bellissimo e quieto chiostro protetto dal vento. Entriamo!
Un ambiente modesto e non troppo grande ci accoglie. Librerie in legno tutt'attorno alle pareti, un tavolo rettangolare enorme al centro della stanza che accoglie una decina di sedie su cui l'Abate ci fa accomodare. Sul tavolo noto subito 3 libri antichi chiusi, e un paio di "fogli" che non riesco a distinguere bene. La curiosità sale.
Sulla destra si apre un'altra stanza in penombra con scaffalature moderne abitate da tantissimi volumi. Non lo immaginavo così, e realizzo immediatamente che purtroppo nell'altra stanza non ci saremo mai andati. Con estrema fiducia però, attendo che tutti si accomodino, e che la sapienza della nostra guida, l'Abate, cominci a parlare.
Appena si fu seduto, mi arriva con #meraviglia la bellissima sensazione che sta per attenderci una mezz'ora molto speciale ed unica. Ed ascolto...
«Innanzitutto benvenuti qua. Voglio dire il motivo, di perché in questo contesto di "medievali" e di "associazioni", ho voluto mettere questo momento, così, per la biblioteca, per il libro. Perché?
Perché adesso con tutti quegli strumentini che abbiamo, noi siamo in tutto il mondo, ma rischiamo di essere assenti da noi stessi. Non ci permettono di fermarci. Il libro, invece ha questa capacità: che ti devi dare del tempo. Per leggere. Ed eventualmente ce lo hai lì per tornarci sopra, dà un ritmo di vita che è ben diverso»
Come dar torto alla saggezza dell'Abate? Il fenomeno è sotto agli occhi tutti. E mentre parla annuisco con la testa in segno di "ci stiamo capendo, c'è molto di più, e molti non lo sanno, più." Continua spiegando l'importanza della biblioteca nella vita monastica e che il motto benedettino completo è "ora et labora et lege", poiché San Benedetto raccomandava anche 3 ore di lettura al giorno, in un periodo poi, dove solamente in pochi sapevano farlo.
«Proprio perché l'uomo potesse recuperare una sua #dignità, e anche una sua #personalità, imparando a leggere e a scrivere, non solo imparando a memoria le preghiere.» I monasteri diventavano quindi preziosi luoghi di conoscenza ed insegnamento.
Su che cosa si Scriveva? «Il materiale su cui scrivevano era la #pergamena, che è la pelle di pecora o di capra. Aveva parecchi vantaggi: molto maneggevole, leggera da trasportare, si poteva utilizzare per la scrittura su entrambi i lati. Si può raschiare, per cancellare, e riscriverci sopra. In Egitto sappiamo che c'era il papiro, che è la canna di una pianta. Intrecciata e poi pressata, grazie ad un collante veniva reso un materiale utile per la scrittura. In medio oriente, cominciando dagli Assiro-Babilonesi scrivevano sulla terracotta, sui mattoni. In india e Cina, scrivevano su tessuto o su materiale non di origine animale ma di origine vegetale, non a caso proprio dalla Cina arriva la cellulosa e la #carta.
Continua l'Abate, «Di libri ce n'erano pochi, bisognava moltiplicarli, grazie agli amanuensi. E come facevano a scrivere a mano ricopiando? ASCOLTANDO, un libro. Uno dettava, e più persone in grado di scrivere, scrivevano. Con anche qualche inconveniente: magari uno non aveva sentito bene una parola, però non potevano chiedere "mi scusi, non ho capito". L'altro continuava a leggere, non potevano fare la figura davanti agli altri che non aveva capito, quindi ogni amanuense "rimediava" con le parole che conosceva facendo qualche aggiustamento. Per cui troviamo di uno stesso testo, delle varianti, ed è dovuto proprio a questo. Era come a scuola quando veniva fatto il dettato, ma la maestra poi lo correggeva, perché magari non si erano capite e scritte bene tutte le parole. Con gli amanuensi non avveniva, quindi ecco perché ci sono differenze tra varie versioni di libri e codici. Ma almeno così si riuscivano a moltiplicarli...
Nel periodo medievale sono tre i centri di scrittura e scuola: i monasteri, le cattedrali, e le corti imperiali. Solo dopo il 1200 incominceranno ad esserci anche le scuole nelle famiglie nobiliari. I libri proprio perché rari e preziosi, erano regali ambiti e graditi.»
Ci racconta poi che in quel monastero, essendo del '55, non hanno libri antichi se non qualcuno frutto di donazioni. L'Abate ci parla poi dei libri corali decorati con le miniature. La miniatura veniva realizzata con una lente d'ingrandimento, e come pennello si usava il crine di un cavallo: il crine di cavallo non è liscio, e trattiene quel tanto di inchiostro e colore per disegnare. Il 1470 viene indicata come data di invenzione della stampa, anche se ci sono libri stampati già nel 1430. I libri stampati dal 1470 al 1530 sono chiamati #incunaboli perché il libro è ancora "piccolo e giovane". Poi viene chiamato "cinquecentine", "seicentine", "settecentine". L'Abate prosegue.
«Beh, adesso ho la carta, ho la stampa, quindi posso fare tutte le copie che voglio. E tutte queste pergamene vecchie che ho qua? Cosa ne faccio? Le usavano per fare la copertina del libro. Cartone dentro, e la pergamena fuori per fare la copertina. Quindi la maggior parte dei libri del cinquecento, seicento e anche settecento hanno la copertina in pergamena. Ma queste pergamene erano scritte, e quindi? La pergamena che faceva da copertina si raschiava cancellandone il contenuto, e i libri con copertina rigida potevano stare "in piedi" quindi la scritta del titolo andava nel dorso del libro, così da sapere di che libro si tratta quando occorre cercarlo.
Adesso, nel restaurare i libri, varie volte si trova che la parte interna della copertina è un testo scritto, e quindi parte di un codice, di qualcosa...»
A quelle parole ho un grande sorriso di meraviglia, ed un senso di gioia mi pervade.
Lui continua.
«Un esempio molto concreto lo abbiamo qua nel nostro laboratorio di restauro del libro, in un libro che non era neanche molto antico, era del 1700, abbastanza grosso. Per fare il dorso, che è sempre rinforzato all'interno, hanno usato una pergamena. Il restauratore quando ha staccato tutti i vari fogli ha trovato ... QUESTA PERGAMENA...»
E la solleva dal tavolo. Sta succedendo. Incredulità, meraviglia, emozione....è dire poco. Attimi di magia e rivelazione. Come se quella pergamena l'avessi trovata io stessa dentro al libro.
«È un testo liturgico, di musica gregoriana. Con una specialità, che adesso la musica gregoriana si scrive su quattro righe, invece in questa pergamena è scritto su una riga sola. Quindi era il cantore che poi modulava la voce "sopra e sotto". Molto facilmente questo è un codice del 1100-1200, perché veniva scritto in quel modo il gregoriano. È morto, resuscitato? No, è un utilizzo diverso di allora della pergamena.»
L'Abate non mi toglie però l'idea poetica e romantica del #resuscitare di quella pergamena... A tutti gli effetti, per me, è morta e poi resuscitata. E' tornata dal passato, dopo quasi mille anni.
L'Abate prosegue parlando dell'avvento delle #incisioni, su pietra e lastre di rame, per quel che concerne le illustrazioni. Ci mostra un testo del 1600 di cui apprezzarne la rilegatura, i colori ed i fregi. Mostrando una pagina strappata, dove quasi al 100% c'era una incisione.
Fino al 1750 le incisioni erano legate al libro, erano una illustrazione del libro. Solo dopo, le incisioni vengono fatte come "quadri", immagini a sé stanti. Quindi, quando in qualche studio professionale si trova una bella incisione per esempio del 1620, bisognerebbe anche chiedergli da che libro proviene, o magari come l'anno avuta.
«Adesso noi abbiamo i libri, anche fotografici, a colori, belli lucidi, carta patinata.... purtroppo di quei libri tra cinquant'anni non rimarrà nulla, saranno polvere. Perché quel tipo di carta ha molto gesso e l'umidità degli ambienti la gonfia, la corrode e si polverizza. I libri del '500, quando si restaurano si mettono nell'acqua, qualche ora. Si staccano i singoli fogli, vengono messi in acqua per pulire quelle che sono le impurità. Viene lavato, e l'inchiostro rimane. Qualche tipo di inchiostro magari era troppo acido e qualche volta ha bucato il libro, ma abitualmente viene lavato e non soffre l'umidità. Anche se un libro antico ha sofferto, si può sempre restaurare. Se nel restauro c'è una parte mancante della pagina, si completa la pagina usando carta riso, che è molto sottile, rinforza la pagina e si vede ciò che manca.
Qua abbiamo le nostre radici e qua dobbiamo ritrovare anche il nostro futuro, ritornare al libro, dà un senso diverso.»
Sono a bocca aperta, pensare che (e non ci avevo mai pensato, prima) la stragrande maggioranza dei libri in circolazione oggi, sparirà, mi ha dato un senso quasi straziante. Rimarcando ancora una volta in me la coscienza che "gli antichi" avevano tantissime cose che andrebbero recuperate, resuscitate. La visita finisce e scopro poi che è possibile sostare al Monastero per un pranzo dai Monaci Benedettini, e fare acquisti delle loro preziose preparazioni di erbe. E' possibile anche sostare qualche giorno per il proprio "ritiro spirituale". Il monastero ha una grande corte tutt'intorno e ci sono anche i resti di un piccolo nuraghe. Vengono ospitati tra le sue mura anche vari corsi, come quello di ebraico biblico antico, di erboristeria popolare sarda e corsi di iconografia cristiana.
La visita al suggestivo Monastero e il pranzo dai monaci è una esperienza che abbiamo pensato di tenere presente per il nostro progetto Turismo Evolutivo Sardegna.
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